Rosa, un colore che fino agli anni ’40 rappresentava forza e mascolinità.. lo sapevi?

La più creativa delle menti è quella che sa essere sia maschile che femminile, e quale colore meglio del rosa, con la sua storia, può rappresentare la creatività?

Oggi ho letto degli articoli sulla storia del colore rosa e ho scoperto che questo colore tempo fa, in Occidente, era associato ai maschi.. l’avresti mai detto?

Il Rosa è un colore ottenuto miscelando il rosso e il bianco, talvolta descritto come un colore della gamma del rosso.

La parola “pink” comparve per la prima volta verso la fine del 1700. Allora il termine non era legato a un genere come lo è oggi, che lo vede fortemente associato alla femminilità. Erano tempi, quelli, in cui anche gli uomini indossavano il rosa! Per secoli il colore rosa rimase asessuato.

Quando l’ho scoperto, ho subito cercato maggiori informazioni.. A quanto pare, fino alla seconda guerra mondiale il Rosa era associato ai maschi e l’azzurro alle femmine, perché il primo era visto come una tonalità di rosso (colore forte, marziale, virile), mentre il secondo era percepito come più delicato, e dunque più adatto al gentil sesso.

Basti pensare al celebre “pink suit”, l’abito rosa indossato da Jay Gatsby nel Il grande Gatsby, il capolavorodi F. Scott Fitzgerald del 1925. Il colore era infatti considerato simbolo di passione e mascolinità, una versione del rosso più adatta alla vita sociale, che si allontanava dall’accezione “bellicosa” a cui quest’ultimo era legato.

Sulle ragioni dello scambio di ruoli avvenuto nelle decadi successive, le ipotesi sono varie. Una tra queste .. A partire dagli anni ’40, le aziende di abbigliamento iniziarono a produrre indumenti femminili in rosa e indumenti maschili in blu, senza ragione alcuna. Gli uomini cominciarono a vestire con colori sempre più scuri, associati al mondo degli affari, per distinguersi dalle tinte chiare percepite come più femminili.

Come il Rosa sia diventato, in pochi anni, un colore culturalmente percepito come femminile, rimane ancora un mistero. Una teoria “complottista” ne indicherebbe la causa in una manovra orchestrata dagli uomini per indebolire e depotenziare le donne, proprio nel momento in cui i ruoli di genere cominciavano a modificarsi, cambiando faccia all’assetto della società. Al contrario, potrebbero essere state le donne a rivendicare il Rosa – tradizionalmente associato agli uomini – come simbolo del desiderio di parità e riconoscimento sociale. O forse c’entra qualcosa il triste simbolo del triangolo rosa associato agli omosessuali durante il nazismo, conferendogli una connotazione di “devianza” e “anormalità”. Ho letto diverse teorie.

Ma non è così ovunque: basta fare un giro in India, Africa, Messico, Giappone per accorgersi che l’abbinamento rosa-femmina è un costrutto del mondo occidentale.

Per tanto tempo il rosa in occidente è stato associato soprattutto al mondo delle bambine e delle donne infantili che non volevano crescere, ma ora le cose stanno cambiando e ci stiamo liberando finalmente da ogni pregiudizio sessista.

Indaco (o Indigo), uno dei miei colori preferiti

Ho fatto una piccola ricerca e ho scoperto che l’indaco è un pigmento di origine vegetale, già noto in Asia 4000 anni fa; il suo nome deriva infatti dall’India, che ne era il principale produttore.

Fu Marco Polo a descrivere per primo le località di preparazione dell’indaco in India, nazione dalla quale il pigmento prese il nome e principale fonte di importazione in Europa fino alla scoperta delle Americhe.

Storicamente si ricavava dalla fermentazione delle foglie di Indigofera tinctoria e anche dal guado (Isatis tinctoriain grandi vasche contenenti soluzioni riducenti alcaline, (anticamente si usava urina di cavallo, attualmente ammoniaca o idrossido di calcio o anche idrossido di sodio).

Il liquido giallo-verde che si ottiene da questa prima fase viene fatto ossidare all’aria in ampie vasche, nelle quali viene costantemente agitato. Man mano che progredisce l’ossidazione, il colore della soluzione vira gradualmente fino a diventare un viola-bluastro caratteristico, il color indaco. Il deposito melmoso che si è formato viene quindi raccolto e riscaldato per bloccarne la fermentazione. Una volta asciugato, viene messo in commercio in forma di pani.

In epoca moderna per questo composto sono state studiate più sintesi industriali. Questo pigmento pregiato è molto difficile da trovare naturalmente, motivo per cui è il più delle volte sostituito con l’indaco artificiale.

Tra le tante applicazioni dell’indaco è interessante ricordare che ha fornito il blu dei Jeans Denim. Nel campo puramente artistico, l’uso dell’indaco è stato evidenziato attraverso analisi chimiche di dipinti di vari artisti, come in Jan Vermeer (“​Cristo con Maria e Marta”,1656) ​ e in Peter Paul Rubens (“​Discesa dalla Croce”, 1611-1614).
E’ grazie a meravigliosi pigmenti come l’indaco che il mondo e l’arte si colorano di varietà e ci offrono capolavori di ineguagliabile bellezza.

Anche te sei un amante dell’indaco ?